sabato 26 gennaio 2008

PLACANICA: UNA SENTENZA "PESANTE"

"NON E' REATO SCOMMETTERE SUI SITI STRANIERI"da Italia Oggi del 25 settemmbre 2000Commento alla sentenza sulle attività degli Internet pointTribunale di Santa Maria C.V. – GUP – sentenza n. 1021 del 14 luglio – 12 settembre 2000
di Andrea Sirotti GaudenziAvvocato in Cesena

NON E’ REATO L’ATTIVITA’ DI UN INTERNET POINTCHE PROMUOVE L’USO DELLA RETE PER LE SCOMMESSE ON LINE GESTITE DA SITI STRANIERI

Il tema dei profili penali delle scommesse on line è stato al centro di una recente pronuncia del GUP del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.Con la sentenza n. 1021 del 14 luglio – 12 settembre 2000, emessa dal GUP del Tribunale campano Antonio Pepe (consultabile sul sito http://www.dirittoitalia.it/), è stato dichiarato il principio in virtù del quale non è configurabile il reato di cui all’art. 4 della legge n. 401 del 13.12.1989 (esercizio abusivo dell’organizzazione di pubbliche scommesse su competizioni sportive) nell’ipotesi di attivazione di un internet point attraverso il quale gli scommettitori possano collegarsi al sito di un allibratore straniero, scommettendo on line.
La contestazione traeva origine dal verbale di sequestro operato dalla Guardia di Finanza di Capua presso un internet point. Veniva contestato al gestore del locale di svolgere attività di bookmaker illecitamente, dato che non era provvisto dell’autorizzazione prevista dall’art. 4 della Legge 13.12.1989 n. 401, nonché della licenza di P.S. ex art. 88 del T.U.L.P.S. e dell’autorizzazione comunale.L'ACCUSADagli atti dell’indagine si desumeva, in particolare, che presso il centro servizi erano presenti alcune postazioni Internet attraverso le quali era possibile connettersi al sito di un bookmaker inglese, configurandosi –in tal modo- un’attività di raccolta di scommesse in danaro su partite di calcio ed altri eventi sportivi sulla base delle quote di previsione fornite sistematicamente dallo stesso allibratore.L’accusa riteneva come fosse penalmente illecito il comportamento del gestore del locale, il quale metteva a disposizione dei propri clienti alcuni computer collegati alla “rete delle reti”, che potevano essere utilizzati tramite tessere prepagate fornite dallo stesso gestore. Inoltre, la connessione si rendeva possibile anche grazie alle istruzioni fornite da personale addetto all’assistenza “tecnica”.Particolarmente interessanti sono le conclusioni cui è giunto il GUP del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che non ha ravvisato gli estremi del reato previsto dall’art. 4, comma I, terza parte, della Legge 401 del 1989, in virtù del quale "chiunque abusivamente esercita l’organizzazione di pubbliche scommesse su altre competizioni di persone o animali e giuochi di abilità è punito con l’arresto da tre mesi ad un anno e con l’ammenda non inferiore a lire un milione”.Infatti, soffermandosi sulla natura dell’attività posta in essere dall’ internet point, il giudice ha rilevato come l’attività del locale rappresentasse una mera prestazione di servizio a favore di scommettitori che si recavano nel locale semplicemente per ottenere una connessione internet al fine di mettersi in “contatto telematico“ con il bookmakerbritannico, che svolge la sua attività di allibratore sulla base delle autorizzazioni rilasciate dal Paese in cui ha sede, nel pieno rispetto dell’ ordianmento del Regno Unito.LA GIURISPRUDENZAIn passato, di fronte ad un caso simile, la Cassazione ha avuto modo di precisare che “nel concetto di organizzazione delle pubbliche scommesse non rientra solo l’attività consistente nella scelta degli eventi sportivi sui quali scommettere, la predeterminazione delle quote con l’indicazione delle entità minime e massime di giocata, l’incasso delle somme scommesse o la corresponsione delle somme vinte – operazioni queste svolte dall’allibratore straniero -, ma anche l’attività di raccolta di scommesse, effettuata attraverso una organizzazione di uomini e mezzi mediante i quali vengono recepite e pubblicizzate in Italia le quotazioni degli allibratori stranieri, vengono effettuate giocate e trasmesse all’estero, può definirsi come attività di organizzazione di pubbliche scommesse e quindi necessita della relativa autorizzazione di cui all’art. 88 del TULPS", con la conseguenza che "nella fattispecie concreta il principio dell’ubiquità di cui all’art. 6 c.p. comporta che quando nel territorio italiano si effettui anche solo parte dell’organizzazione di pubbliche scommesse questa parte è soggetta alla legislazione nazionale, sebbene il resto dell’organizzazione faccia capo a società straniere e sebbene i giochi e le competizioni oggetto delle scommesse si svolgano all’estero" (Cass., Sez. III Penale, sent. 24.6.1997). Eppure, il GUP del tribunale campano ha rilevato che nel caso de quo non si potesse parlare affatto di “organizzazione” (dato che sarebbe stata necessaria una partecipazione attiva nella predisposizione dei mezzi necessari alla commissione dell’eventuale reato, completamente assente nella fattispecie), ma fosse ravvisabile una “condotta agevolatrice“ che -in ogni caso- non poteva “far pensare ad una partecipazione attiva nell’ organizzazione delle pubbliche scommesse”, dato che il “risultato” della stessa si limitava al guadagno, da parte del gestore del locale, “sulle somme spese dagli scommettitori per la connessione consentita (di regola per ore o frazioni di esse) e da una percentuale, versata dal bookmaker, sulla somma puntata tramite i computers di proprietà dell’odierna imputata e contrassegnati, per la contabilizzazione della stessa, per mezzo di appositi IP”.In sostanza, è stato evidenziato come l’attività posta in essere dal gestore dell’internet point non fosse in alcun modo diretta alla raccolta di scommesse e si è sottolineato come i contatti intercorrenti tra i frequentatori dell’internet point e il bookmaker britannico fossero diretti, dato che ogni scommettitore, ottenendo l’accesso al sito dell’allibratore, “può direttamente leggere le quote, può decidere di scommettere seguendo le modalità in esso indicate”. Inoltre, questo tipo di operazione era resa possibile dal fatto che gli scommettitori fossero titolari di conti correnti dai quali potevano essere effettuati il prelievo per la giocata e nei quali veniva versata la somma vinta (peraltro, chiunque, con un personal computer dotato di modem ha la possibilità di compiere queste scommesse dalla propria abitazione).In base all’interpretazione del GUP, la stessa percentuale sulle giocate effetuate riconosciuta dal bookmaker inglese non consentiva di ravvisare gli estremi del reato, dato che ciò avveniva sulla base di “un rapporto contrattuale che certamente non dimostra l’esistenza di una partecipazione alla organizzazione per l’esercizio delle scommesse posta in essere in Italia e come tale punibile secondo le leggi dello Stato Italiano.”Inoltre, nella sentenza si è sottolineato come fosse del tutto infondato il richiamo all’art. 88, comma I, del TULPS secondo cui "non può essere conceduto licenza per l’esercizio di scommesse, fatta eccezione per le scommesse nelle corse, nelle regate, nei giuochi di palla o pallone e in altre simili gare, quando l’esercizio delle scommesse costituisce una condizione necessaria per l’utile svolgimento della gara".Particolarmente significativo è l’esame della norma, di cui viene analizzata la ratio, identificata nell’esigenza “diretta a verificare, a mezzo del rilascio della licenza per l’esercizio delle scommesse, che la raccolta di pubbliche scommesse costituisca una condizione necessaria per l’utile svolgimento della gara o meglio per consentire lo svolgimento della stessa.”Considerato che gli eventi sportivi internazionali non sono sottoposti alla gestione del CONI o dell’UNIRE, è evidente che non è possibile un richiamo all’art. 88 del TULPS, che presuppone un sistema che collega l’esercizio e la raccolta di pubbliche scommesse con un utile svolgimento della gara e più in generale dell’evento sportivo. Anche volendo aderire all’interpretazione della maggior parte della giurisprudenza, se si riconoscee all’art. 88 la portata di norma generale contenente il divieto di organizzazione ed esercizio di pubbliche scommesse, non bisogna dimenticare che la norma, per potersi configurare la contravvenzione in esame, deve necessariamente essere coordinata con le disposizioni contenute nell’articolo 4, comma I, della Legge 401 del 1989.Inoltre, il GUP si è soffermato sull’analisi della liceità dell’eventuale divieto di ingresso nel territorio nazionale dei bookmaker autorizzati negli Stati membri dell’Unione alla luce delle disposizioni che sanciscono il principio fondamentale della libera circolazione dei servizi espresse dagli artt. 59 e ss. del Trattato di Roma. La libera circolazione dei servizi è di regola consentita all’interno degli Stati membri e tale principio può essere limitato unicamente da normative giustificate dall’interesse generale (come quello dell’ordine pubblico cheviene perseguito controllando l’attività di booking).LE CONCLUSIONIDagli elementi emersi, comunque, il tipo di attività posta in essere dal gestore dell’internet point non è tale da legittimare, seppure indirettamente, restrizioni al diritto di stabilimento ed allo svolgimento dell’attività transfrontaliera, pur previste e consentite dall’art. 66 del Trattato, con riferimento ad esigenze di ordine pubblico, “dato che si limita a fornire un servizio di mera intermediazione o puramente passivo che non interferisce su aspetti gestionali e decisionali della lecita attività del bookmaker inglese il quale, con l’osservanza delle norme dettate dallo Stato membro in cui ha sede, viene sottoposto ad un controllo affidabile cheobbliga lo Stato di destinazione al suo riconoscimento (c.d. principio del mutuo riconoscimento)”.In questo senso, è apprezzabile il risultato conseguito dal giudice del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che -intendendo tener conto delle problematiche comunitarie- ha affermato che “…l’applicazione di norme restrittive per soggetti provenienti da Stati membri finisce per essere discriminatoria anche alla luce della recente evoluzione della legislazione italiana in materia di attività di scommesse. Sinteticamente si può ricordare che gli interventi normativi degli ultimi anni sono nel senso di un aumento delle opportunità di gioco da parte degli scommettitori italiani, circostanza questa che mal si concilia con la restrizione al diritto di stabilimento da parte di bookmakers stranieri che sarebbe stata invece certamente più coerente con una politica legislativa diretta al perseguimento di una riduzione nel territorio italiano delle opportunità di gioco. Non consentire tale attività per mezzo di norme restrittive, o interpretare la normativa italiana nel senso di porre limitazioni al diritto di stabilimento ed all’esercizio di attività transfrontaliera da parte di soggetti provenienti ed operanti in altri Stati membri significherebbe allora porsi in contrasto con le disposizione del Trattato CEE.”Avv. Andrea Sirotti Gaudenzi
IL TESTO DELLA SENTENZA
Tribunale di Santa Maria C.V. – GUP – sentenza n. 1021 del 14 luglio – 12 settembre 2000 in materia di organizzazione di pubbliche scommesse ai sensi dell’art. 4, comma I, parte III della Legge 401/89(da "DirittoItalia")

Intervista a “tutto campo” all’avv.Marco Ripamonti

(Jamma) - Come ormai noto, il principio di massima che emerge dall’ordinanza del Tribunale ordinario civile di Roma è che il cittadino Italiano (o straniero che si trovi in Italia) sia libero di scommettere e giocare d’azzardo on line avvalendosi di siti esteri (compresi parte di quelli attualmente oscurati).
L’ordinanza, di estremo interesse ed attualità, è in fase di studio da parte degli addetti ai lavori e continua a riempire le pagine dei siti e delle riviste specializzate, quale protagonista di commenti e reportage giornalistici.
A questo punto, a distanza di quasi un mese dal provvedimento, abbiamo chiesto un nuovo incontro all’avvocato Marco Ripamonti, nella qualità di membro del Team di Ricerca e Studi Jamma, oltre che di difensore di Astrabet assieme agli avvocati Benelli e Guerra, e gli abbiamo domandato quali potrebbero essere le implicazioni dell’ordinanza nel futuro del gioco on line e le ripercussioni sui processi penali attualmente pendenti in materia di gioco d’azzardo on line e scommesse.
d) Avvocato Ripamonti, abbiamo esaminato il testo dell’ordinanza che, in effetti, è assai articolato. Come ha potuto il Tribunale superare le forti preclusioni al gioco on line sancite dalla legge 401/1989?
r) L’ordinanza del Tribunale di Roma muove da un presupposto di base. E cioè la corretta interpretazione dell’art.4 legge 401/89, laddove intende sanzionare qualsiasi attività di raccolta di scommesse in forma organizzata al di fuori degli schemi concessori. Ebbene, il Tribunale sul punto ha affermato come la assenza di intermediari e di insediamenti in territorio Italiano da parte della società estera concreti fattispecie posta al di fuori della portata della previsione normativa, non potendosi ritenere la semplice predisposizione delle postazioni internet attività in forma organizzata volta alla attività di raccolta di scommesse. In pratica, il Tribunale ha offerto sul punto una interpretazione della norma a mio avviso corretta, secondo l’effettiva ratio legis, concretantesi nell’intendimento di sanzionare esclusivamente l’attività di raccolta basata sull’appoggio di intermediari operanti in forma organizzata.
Astrabet si è veduta accogliere il ricorso avendo affermato e dimostrato di operare unicamente in via telematica, senza l’apporto di uomini e mezzi sul territorio Italiano. E ciò sulla base di regolare licenza rilasciata in Malta.
d) Ma che dire, però, della concorrenza nei confronti dei titolari delle concessioni statali?
r) Mi fa piacere che anche tale questione sia stata trattata dal Tribunale di Roma, oltretutto nel diretto contraddittorio con i principali concessionari, intervenuti volontariamente – come era prevedibile - a sostegno delle posizioni di AAMS e dei propri stessi interessi. Il Tribunale, al momento, non sembra aver posto in discussione il sistema concessorio e monopolistico, ma ha escluso ogni ipotesi di concorrenza sleale da parte di Astrabet ai danni dei concessionari stessi proprio per la diversità circa il modus operandi. E’ chiaro che il bacino di utenza di Astrabet, in astratto, possa in parte coincidere con quello dei concessionari, ma il Tribunale ha affermato come tale effetto concorrenziale debba essere sopportato dai titolari delle concessioni come riflesso inevitabile derivante dall’attività lecita di Astrabet e per giunta autorizzata da uno Stato membro dell’U.E..
d) Quanto hanno inciso sul buon esito del procedimento le argomentazioni attinenti al rilascio della licenza da parte di Autorità facente capo ad uno Stato membro?
r) Direi che, almeno in parte, tale circostanza abbia avuto il suo rilievo. Il Tribunale di Roma si è mostrato sensibile agli sviluppi della Giurisprudenza della Corte di Giustizia CE ed ha prestato attenzione al fatto che la licenza fosse stata rilasciata da uno Stato membro.
d) L’ordinanza del Tribunale è un provvedimento interinale? Può ritenersi definitiva?In alcuni commenti di addetti ai lavori sembra venirne ridimensionata la portata stante la natura interinale.
r) Gli impegni recenti nelle aule giudiziarie non mi permettono di prestare molta attenzione agli autorevoli commenti di giuristi e colleghi. L’ordinanza è un provvedimento cautelare, ma immediatamente esecutivo, che salvo gli eventuali effetti del reclamo, dovrà venir seguito da una sentenza definitiva all’esito del giudizio risarcitorio che Astrabet si accinge a promuovere. L’ordinanza, oltre ad avere il pregio tutt’altro che trascurabile della esecutività immediata, contempla numerosi principi di diritto affermati con estrema precisione e decisione dal Tribunale di Roma ed oltretutto oggetto di precedente sentenza resa nel 2005 dallo stesso Tribunale e che, salvo errore, mi risulta passata in giudicato.
Le caratteristiche salienti del provvedimento risiedono, quindi, nel fatto di essere il primo provvedimento di natura urgente ed immediatamente eseguibile reso in tema, sulla base di principi espressi in parte dallo stesso Tribunale con sentenza antecedente al decreto di oscuramento, ma rinnovati e ribaditi anche a seguito di tale sviluppo e soprattutto anche a seguito del decreto di oscuramento. Credo sia superfluo aggiungere altro.
d) Una fonte giornalistica ha riportato di una Sua trasferta in Malta all’indomani della ordinanza. Può parlarcene o si tratta di questioni riservate?
r) Non vi è nulla di segreto, anche se sono stupito che all’indomani della mia trasferta tutti ne fossero già a conoscenza e la notizia fosse di dominio pubblico. In realtà ho avuto contatti con la Lotteries and Gaming Authority per esporre il contenuto del provvedimento. Cosa che ho fatto molto volentieri.
L’autorità maltese preposta al rilascio delle licenze presta molta attenzione agli sviluppi giurisprudenziali negli stati membri. Ho recentemente approfondito, inoltre, le modalità e le procedure di rilascio delle licenze maltesi e di formazione delle relative società. Debbo dire che vi è molta attenzione e cautela da parte della Autorità maltese in ordine al rilascio delle licenze. La procedura è complessa e l’Autorità, una volta resa la licenza a seguito di accurati controlli sulla compagine sociale, effettua un continuo monitoraggio per verificare costantemente la sussistenza dei presupposti.
d) Prossimamente verranno celebrate dinanzi al Tar Lazio delle udienze relative a procedimenti promossi da società britanniche avverso il decreto di oscuramento.
Ritiene che un’eventuale vittoria di AAMS potrebbe influire anche sul provvedimento reso dal Tribunale Ordinario di Roma nel caso Astrabet?
r) Decisamente, ritengo proprio di no. Sono, infatti, diversi i presupposti che caratterizzano i due tipi di azione. Noi abbiamo agito in via d’urgenza dinanzi al Tribunale Ordinario contestando gli effetti della attuazione del provvedimento reso da AAMS, nonché la conseguente lesione di diritti soggettivi, mentre le società che hanno avanzato ricorso dinanzi al Tar Lazio credo abbiano agito ponendo in discussione la legittimità dell’atto amministrativo. Ma vi è poi una sostanziale differenza in punto di fatto. Astrabet non opera mediante intermediari, mentre non è escluso che talune società che agiscono dinanzi al Tar Lazio possano avvalersi di intermediari. Questo elemento potrebbe far davvero la differenza. Insomma, gli eventuali sviluppi negativi di tali procedimenti dinanzi al Tar Lazio sono e saranno, a mio avviso, del tutto ininfluenti riguardo al caso Astrabet, anche se reputo che anche le società che hanno avanzato ricorso dinanzi al Tar godano dei presupposti per ottenere un buon risultato alla luce della giurisprudenza C.E. sulla libertà di stabilimento e di prestazione di servizi. E’, infatti, evidente come, anche a prescindere dal modus operandi, l’oscuramento dei siti costituisca per tutti gli operatori compressione di diritti soggettivi (di prestazione di servizi e di stabilimento) garantiti dal Trattato U.E..
d) La scelta di Astrabet di ricorrere al Tribunale Ordinario può essere ritenuta una scelta strategica a fronte di una possibile sconfitta dinanzi al Tar Lazio? Oppure Astrabet ha voluto giocare una mossa a sorpresa?
r) Francamente non mi è proprio venuto in mente di ricorrere dinanzi al Tar Lazio, ove peraltro non vedo ragioni per cui Astrabet avrebbe dovuto soccombere. In realtà, abbiamo ritenuto che la sede più idonea per il tipo di azione instauranda fosse la Magistratura Ordinaria, anche perché AAMS ha agito in carenza di potere ed in violazione di diritti soggettivi. Inevitabile, quindi, la scelta di depositare il ricorso dinanzi al Tribunale Ordinario.
E’ indubbiamente un fatto storico e da tutti rincontrabile che la percentuale delle cause vinte da AAMS dinanzi alla seconda sezione del Tar Lazio sia elevata. Ma ciò, ovviamente, costituisce un caso e non è certamente per tale ragione statistica che non siamo andati dinanzi al Tar.
d) L’ordinanza del Tribunale di Roma ed i processi penali in corso relativi a “casinò on line” e fattispecie analoghe. Può esservi attinenza?
r) Certamente. Il Tribunale di Roma ha affermato un importante principio: la creazione delle condizioni di accesso al sito internet attraverso il collegamento telematico (e cioè la possibilità offerta allo scommettitore italiano di interagire a distanza con la sede operativa della società ubicata all’estero, sia pure attraverso un link) non integra il concetto di attività organizzata volta all’esercizio del gioco o della scommessa on line, da ritenersi rilevante penalmente ai sensi dell’art.4, legge 401/89. Credo che tale principio possa trovare applicazione in quei procedimenti penali derivanti dal sequestro di postazioni internet attraverso le quali sia stata praticata la partecipazione a giochi e scommesse on line, soprattutto in quelle ipotesi in cui non via sia stata alcuna interazione da parte dei titolari degli esercizi ove dette postazioni erano ubicate.
d) Nonostante la clamorosa vittoria il sito di Astrabet continua ad essere oscurato. Perchè? E’ forse dovuto all’attesa della decisione sul reclamo di AAMS?
r) Il sito non è stato riattivato per la semplice ragione che AAMS non ritiene di ottemperare all’ordine del Giudice. Ordine, peraltro, immediatamente eseguibile. Astrabet sarà in tal modo costretta ad agire per ottenere l’esecuzione coatta del provvedimento.
Quanto al reclamo, la giurisprudenza della Cassazione penale esclude che la proposizione del reclamo possa esimere la parte reclamante dal dare ottemperanza ad un provvedimento reso in via d’urgenza.
Sono stupito per tale comportamento di AAMS, che in un recente comunicato risalente al 23.2.2006, a proposito del decreto di oscuramento e dei possibili ricorsi, aveva affermato “di affidarsi con serena fiducia alle valutazioni degli organi aditi”. Ebbene, debbo dire che riporre fiducia nella Magistratura implica anche il rispetto dei relativi provvedimenti.
d) Quale scenario prevede in materia di gioco e scommesse on line?
r) Difficilissimo a dirsi. Indubbiamente era prevedibile che l’azione di forza attuata con l’oscuramento dei siti avrebbe scatenato iniziative giudiziali.
Al di là dell’ordinanza del Tribunale di Roma e di ciò che deciderà per gli altri il Tar Lazio, credo che la questione dovrà risolversi, una volta per tutte, in sede Europea. Sarà interessante assistere agli sviluppi della procedura di infrazione intrapresa dalla Commissione.

(Fonte Jamma.it)

LA LIBERTA' LIMITATA

Si apre la prima falla nel Titanic normativo che impedisce ai cittadini italiani di navigare siti web di scommesse non riconducibili a concessioni di gioco rilasciate da AAMS. Fonti Agicos comunicano, infatti, che «la II sezione del Tribunale civile di Roma ha accolto il ricorso d`urgenza, ex art. 700, presentato dai legali di un sito di scommesse, con sede a Malta, che era stato oscurato, insieme a centinaia di altri siti di scommesse, il 23 febbraio scorso dalla polizia postale con decreto dell`Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato.Il ricorso è stato presentato per conto della società Astrabet dagli avvocati Marco Ripamonti, Sandro Guerra e Cino Benelli che hanno dato notizia dell`accoglimento da parte del Tribunale di Roma. Il provvedimento, hanno spiegato i legali, è immediatamente esecutivo e potrebbe coinvolgere le centinaia di siti oscurati il 23 febbraio scorso <…> Non abbiamo ancora letto il merito del provvedimento - spiegano gli avvocati Marco Ripamonti e Sandro Guerra - ma l`accoglimento del ricorso ci autorizza a immaginare che le considerazioni del Tribunale di Roma siano estremamente interessanti e credo possano riguardare altre società di gestione di siti di scommesse». Permettetemi di esultare, dinanzi a questo inaspettato forcing dei principi comunitari, con un “Finalmente!”. Passano 24 ore ed il Tribunale entra nel merito (riportiamo il comunicato degli avvocati come pubblicato dagli amici di Jamma.it): «Nell’interesse di Astrabet Ltd., società autorizzata dallo Stato di Malta all’esercizio dell’attività di raccolta di scommesse on-line e titolare del nome a dominio http://www.astrabet.com/, si comunica quanto segue: il Tribunale Civile di Roma, a seguito di ricorso proposto dalla società Astrabet Ltd., ha ordinato, con provvedimento depositato il 10 aprile 2006, al Ministero dell’Economia e delle Finanze – Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato – l’immediato ripristino dell’allacciamento alla rete internet del sito http://www.astrabet.com/, nonché dell’associazione tra il nome a dominio astrabet.com e l’indirizzo IP corrispondente al server di proprietà di Astrabet Ltd.Il Tribunale Civile di Roma ha ordinato altresì all’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato di provvedere alla rimozione di tutte le misure disposte ed adottate al fine di inibire l’accesso al sito della società Astrabet. Il Tribunale di Roma ha escluso altresì che la società Astrabet Ltd. abbia posto in essere, tramite il sito internet oscurato, comportamenti illeciti o condotte valutabili sotto il profilo della concorrenza a danno dei soggetti autorizzati dallo Stato italiano». La bagarre prosegue: sfogliando Panorama Economy mi imbatto, ed esulto ancora con il secondo “Finalmente!”, in un articolo molto scettico sul provvedimento relativo all’oscuramento. A pag. 40 il titolo è, infatti, La Ue scommette che così non si fa, alludendo all’azione di protezionismo perpetrata ai danni, per esempio, di Betfair, colosso inglese del betting exchange. Betfair, il 4 aprile scorso, aveva investito qualche soldino pubblicando intere pagine, un inno alla libertà individuale nel settore delle scommesse sportive, sui principali quotidiani italiani. L’azione non poteva rimanere nell’ombra, ed ecco cadere su Roma la procedura di infrazione per mano di Charlie McCreewy, commissario UE al mercato interno inglese. Pragmatico, come si conviene ad ogni anglosassone, il commento: «uno Stato membro non può limitare l’accesso dei suoi cittadini a servizi di scommesse se allo stesso tempo li incoraggia a partecipare a lotterie di Stato e altri giochi d’azzardo a vantaggio delle finanze pubbliche». Ovvero la stessa considerazione che, qualche giorno prima, era stata partorita dalla Corte Tedesca interpellata sul monopolio.
Massimiliano Bancora, il misurato e brillante country manager di Betfair per l’Italia, perde per un attimo le staffe: «La posizione italiana limita la libertà del cittadino. I nostri controlli sono i più rigidi al mondo e le tasse che paghiamo sono in linea con la media europea. Sono quelle italiane ad essere troppo alte: tipico dei monopoli camuffati». Ecco il momento per il mio terzo “Finalmente!”. Pare che io debba esultare, in questa settimana di Pasqua; e pare anche che qualche avvisaglia di una rinascita ci sia davvero, a fronte di questi attacchi multipli al sistema concessorio. La mazzata finale potrebbe essere la richiesta di risarcimento avanzata da Betfair al Tar del Lazio relativa al danno procurato in occasione dei prossimi Mondiali: a giudicare dalle cifre che ruotano intorno a questo eccezionale sito, le istituzioni italiane dovrebbero pensare, ed in fretta, a risolvere questa vicenda senza rischiare un crack finanziario.
Fonte: Totosì Sport Magazine

UNA GRANDE VITTORIA

Il 20 Aprile, il Tribunale Civile di Roma ha sancito che la Astrabet deve essere rimossa dalla lista dei siti bloccati inseriti sulla lista del governo italiano e mantenuto invece dal Ministero dell’Economia e delle Finanze secondo L’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS). Con questa decisione, la Astrabet, una compagnia con base a Malta, dovrebbe ottenere il permesso di accedere al mercato italiano a dispetto dei tentative del Atto Finanziario Italiano. Questo potrebbe portare ad ulteriori azioni da parte della commissione europea verso nazioni che, come l’Italia, hanno predisposto un sito di gioco sponsorizzato dallo stato nel tentative di accaparrarsi tutti gli utenti.
Molte alter nazioni in tutto il continente hanno predisposto azioni simili a quella realizzata in Italia. La Svezia ha un sito di gioco sponsorizzato dallo stato e lo stesso hanno fatto alcune altre nazioni, fatto che ha scatenato l’ira del mondo dell’online gaming. All’inizio di Aprile, la EU ha deciso di aprire un indegine per verificare se questi siti di gioco sponsorizzati dallo stato stiano violando il trattato firmato dai membri della Comunità Europea.
La Commissione Europea ha deciso di inviare una richiesta ufficiale sulle legislazioni nazionali che restringono il diritto di fornitura di servizi per scommesse sportive. Questo per sette stai membri: Danimarca, Finlandia, Germania, Ungheria, Italia, Olanda e Svezia. A tutti è stato richiesto di fornire tutte le informazioni per verificare se stiano violando l’articolo 49 del trattato della EC, il quale garantisce la libera circolazione di servizi tra gli stati membri (simile alla NAFTA in Nord America).La Commissione Europea logicamente ha contestato il preteso diritto delle nazioni di limitare l’accesso dei propri cittadini a servizi di scommesse gestiti da altre nazioni se poi sono gli stessi stati ad incoraggiare i giocatori a partecipare a lotterie di stato, giochi di fortuna o altre scommesse che possono portare benefici alle sole tasche dello stato. Da parte loro gli stati membri oppongono il diritto di proteggere i propri cittadini. Ci sarà da ragionare su questo concetto di “proteggere” in quanto sono proprio i governi a promuovere o autorizzare una particolare offerta da un sito online o ad avviare il proprio servizio.
Ci sono stati eventi simili che hanno portato all’attenzione della Commissione Europea il problema in Francia, Germania ed Olanda. Si è aggiunta ora l’Italia, verso la quale si rivolge ora la Commissione Europea. Questo solo per dimostrare che gli Stati Uniti non sono il solo stato che ha qualche problema con il poker online e l’online gaming in generale. Noi, intanto, terremo gli occhi addosso alla situazione per vedere come si evolverà.

LO SFOGO DI ASTRABET (da infobetting)

"Abbiamo già incontrato un'equipe di avvocati e stiamo valutando l'ipotesi di un ricorso al Tar seguendo la stessa strada intrapresa dalla Stanley". Riferendosi ad Aams, Stanzani ritiene che “non possa parlare di moralità e tutela del cittadino dopo aver adottato in tutto questo tempo una politica di "marketing aggressivo" sui giochi per incentivarli”. Di seguito, l'intervento integrale del direttore di Astrabet. In virtù delle motivazioni rese pubbliche dai dirigenti dell'AAMS per l'oscuramento, quali la sicurezza pubblica, il rischio di frodi con carte di credito, la moralità e tutela del cittadino e la concorrenza sleale, mi sento di rispondere: - Astrabet è una società che opera all'interno della UE e possiede una regolare licenza rilasciata da un organo di controllo chiamato LGA. Tutto il processo di controllo e di verifica realizzato da questo ente preposto per rilasciare la licenza agli interessati è durato più di un anno. Sono stati richiesti chilogrammi di documentazioni per dimostrare la serietà e la dirittura morale di ogni figura della compagine societaria. Essendo stato in passato amministratore delegato di un Bookmaker austriaco ed avendo vissuto lo stesso articolato processo, posso rispondere ai dirigenti dell'AAMS che Malta è uno dei paesi dell'Unione Europea che possiede il più sensibile ed avanzato organo di controllo per i Giochi, sia dal punto di vista tecnologico, che professionale. Questo solo per rendere l'idea di cosa significa essere un operatore maltese. - Per quanto riguarda la sicurezza pubblica, faccio presente ai dirigenti dell'AAMS soltanto un principio: chi apre un conto gioco Astrabet ed anche presso altri Bookmakers, non può effettuare la sua prima scommessa fino a che non invia un documento di riconoscimento dove si possa evincere che sia maggiorenne. Un punto con concessione italiana a due passi da casa mia è sempre frequentato da giovanissimi a cui - posso assicurare - non è chiesto nessun documento di riconoscimento. - Per quanto riguarda le transazioni con Carta di Credito, faccio presente a qualcuno che non ne fosse a conoscenza che oggi esistono degli avanzati sistemi di sicurezza come il "Verified by Visa" tutti criptati e certificati, che garantiscono entrambe le parti durante la transazione. Inoltre, il giocatore stesso ha sempre la possibilità entro i 4 mesi di richiedere i soldi indietro alla banca comprovando che la transazione non è stata da lui effettuata. In questo caso, siamo sempre noi Bookmakers a rischiare e quindi a doverci tutelare. - Per quanto riguarda la moralità e la tutela del cittadino basta aprire il principale forum italiano di scommesse (www.infobetting.com), per sentire cosa pensa una grande fetta di scommettitori italiani. Penso soltanto che un ente (in questo caso parliamo dello stato), non possa parlare di moralità e tutela del cittadino dopo aver adottato in tutto questo tempo una politica di "marketing aggressivo" sui giochi per incentivarli. Basta citare tutta la pubblicità e le estrazioni del lotto settimanali arrivate a 3. Per quanto concerne il rischio di una concorrenza sleale che i Bookmakers possono rappresentare per gli operatori italiani vorrei dire solo questo: Ho sentito parlare di paradisi fiscali e quant'altro. Astrabet ed altri operatori della UE pagano le tasse all'interno del proprio stato. Se poi queste tasse non sono spropositate come quelle imposte dal governo italiano non è certo un problema loro. Per quanto ci riguarda noi paghiamo le tasse, abbiamo libertà nella scelta del nostro palinsesto e non ci sono stati richiesti minimi garantiti. Diciamo che abbiamo deciso SOLO di operare in un paese "LIBERO". Astrabet è una società con appena 9 mesi di vita. Nonostante questo abbiamo acquisito in breve tempo clientela in tutto il mondo, grazie anche al fatto di proporre sin da subito diversi idiomi. Un ultimo principio che evidenzia l'assoluta illegittimità di questa operazione è riferito anche per tutti quei clienti non italiani che ogni anno si trovano in Italia e che non potranno più collegarsi per poter scommettere presso Astrabet o altri operatori oscurati. Spero vivamente che ogni Bookmaker faccia la sua battaglia legale per tutelare quei diritti che tutelano gli interessi di una sparuta parte di cittadini a discapito di un libero mercato.

FORZA ASTRABET


Roma - il sito www.astrabet.com dovrebbe tornare ad essere visibile agli utenti italiani, al termine di una vicenda che ha del paradossale e che spinge ancora una volta alla ribalta la sconcertante vicenda del sequestro del traffico Internet degli italiani operato dall' aams , ossia i Monopoli di Stato.
www.Astrabet.com è infatti il sito di Astrabet Bookmaker, la cui URL è inclusa nell' elenco dei siti bannati pubblicato dai Monopoli di Stato, un elenco che come noto comprende più di 500 spazi web ma dal quale - spiega il Bookmaker - avrebbe già dovuto essere cancellato . Ma chi oggi cercasse su Google “Astrabet Bookmaker” e cliccasse sul link fornito dal motore di ricerca si troverebbe dinanzi all'ormai celebre annuncio dei Monopoli, dall'emblematico titolo Sito non raggiungibile , un disclaimer che in sostanza spiega all'utente italiano perché gli è fatto divieto di visitare certe pagine web. Motivi che, come noto, sono legati al commercio di licenze specifiche per operare anche sul mercato italiano richieste dai Monopoli di Stato, licenze messe all'indice dall' intero settore del gambling e oggi al centro di preoccupate analisi in sede europea. In forza dell'ordinanza del Tribunale romano il bookmaker di origine maltese ha ottenuto l'intervento di un Ufficiale Giudiziario - si legge in una nota - “per l'esecuzione forzata del provvedimento per il ripristino del sito www.astrabet.com “.
Ma cos'è il gioco sicuro che tanto millantato da Aams? Perchè dovrebbe essere più sicuro scommettere in un punto snai o su uno dei pochi bookmaker che espongono il bollino(con le quote ridicole che propongono) piuttosto che un operatore con licenza in un qualunque rispettabile paese come il Regno Unito e con una reputazione basata su secoli di tradizione di scommesse pagate? Se ci fosse un po' di giustizia le pubblicità sarebbero sentenziate come ingannevoli e ritirate. Purtroppo abbiamo imparato che non c'è giustizia quando entrano in gioco gli interessi del monopolio. Continueremo quindi a vedere in televisione il gatto e la volpe che invitano il pollo a farsi spennare e aams continuerà a rilasciare licenze per l'apertura di sale da gioco in cambio di favori personali ai dirigenti dell' aams stessa (come sembra emergere da alcune intercettazioni telefoniche nell'ambito dello “scandalo Savoia”)